lunedì 14 aprile 2014

Immigrati: integrazione e inclusione (di Alberto Rosario Colombo)



Gli immigrati, dopo aver effettuato i processi di riconoscimento,  vengono inseriti nella società. Per quanto riguarda i paesi dell’ Europa occidentale, abbiamo delle norme,  o modelli,  che regolano l' integrazione dei migranti negli stati. I principali modelli sono quattro: Temporaneo, Assimilativo, Multiculturale, Implicito.
Temporaneo: in questo modello, il permesso di soggiorno viene collegato al permesso di lavoro, per cui l’immigrato che perde il lavoro viene espulso. Per il tempo in cui l’immigrato è titolare di un contratto di lavoro,  gode degli stessi diritti che spettano al lavoratore locale. Tuttavia,  non sono riconosciuti quei diritti sociali legati ad un’integrazione vera e propria.
Assimilativo: l’immigrato è considerato come un individuo destinato a diventare un cittadino della comunità ospitante,  per cui è relativamente semplice accedere alla cittadinanza.
Multiculturale: l’immigrato è considerato innanzitutto come parte di uno dei gruppi nazionali che si sono insediati in un dato paese,  rimanendo però discriminati;  viene quindi attribuito loro lo status di minoranze da tutelare.
Implicito: l’immigrazione non viene né riconosciuta né incoraggiata.

Migrazioni e reti di sostegno
In molti studi sui fenomeni migratori si fa riferimento ai vari tipi di reti di relazioni sociali che sostengono il migrante, nel percorso di inserimento dal Paese d’origine a quello di destinazione. Le reti sono, infatti, il centro attorno a cui si attiva ogni spostamento del migrante.
Prendendo in considerazione le diverse fasi della migrazione, possono essere individuati tre diversi tipi di reti:
    1. Le reti alla partenza. La presenza all'estero di familiari, parenti, amici, conoscenti, svolge, nel momento in cui si prende la decisione di migrare, una funzione fondamentale, poiché garantisce una maggiore sicurezza rispetto ai problemi che la migrazione comporta.
    2. Le reti all'arrivo. Le reti di arrivo sono ancora più importanti, in quanto permettono al migrante di cominciare a muoversi nel territorio del Paese ospitante.
    3. Le reti inclusive o integrative. Queste reti si definiscono in un secondo momento e si pongono l'obiettivo di garantire al migrante, una volta nel territorio, la possibilità d’ inserirsi nella comunità.

Integrazione
Le reti integrative permettono al migrante di integrarsi nella società. Ma che cosa significa “integrazione”? Innanzitutto l’integrazione è quel processo attraverso il quale si va ad istituire una rete di relazioni fra lo “Stato” e il “singolo individuo”, un processo in cui è presente l’azione di diversi enti governativi e non, come datori di lavoro, sindacati, associazioni religiose, centri di accoglienza e formazione che sostengono gli immigrati. Integrazione diviene, inoltre, sinonimo di istruzione.
Molti sono gli ostacoli che l’immigrato si trova ad affrontare, primo tra tutti quello della lingua. Da qui la necessità di promuovere un programma di accoglienza dell’immigrato, mirato a fornirgli un bagaglio linguistico sufficiente almeno ad un suo facile inserimento nel tessuto sociale e lavorativo. Inoltre è necessario fornire all’immigrato una coscienza civile basata sulla consapevolezza dei propri diritti e sul rispetto dei propri doveri.
Tutto ciò è finalizzato all’abbattimento delle discriminazioni da parte dello stesso mercato del lavoro e dei servizi che, non riconoscendo titoli di studio o qualifiche conseguite in patria, impiegano una manodopera di basso profilo o costringono persone specializzate a svolgere umili mansioni.
Ecco che il processo integrativo diviene lotta contro quelle chiusure mentali di derivazione xenofoba, ecco che l’istruzione diviene, per l’immigrato, l’unica arma per difendersi da discriminazioni.
Purtroppo questo processo di “avanzamento” culturale, nella considerazione del ruolo dell’ immigrato in Italia, è ancora lontano, infatti, come afferma la ricerca “Il ruolo degli immigrati nel mercato del lavoro italiano” del Cnel e del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, gli immigrati troveranno soprattutto posti poco qualificati e poco retribuiti.
In Italia lavorano, secondo i dati Oecd, più di un milione di stranieri. I marocchini costituiscono il gruppo più numeroso (14,9%), poi seguono albanesi, rumeni, filippini, tunisini, cinesi e slavi.
I datori di lavoro italiani offrono generalmente agli stranieri posti di lavoro per i quali è richiesta bassa o media qualifica, nel nord del Paese sono richiesti anche lavoratori qualificati, soprattutto nel settore industriale.
I settori in cui sono maggiormente occupati sono il commercio (28,8%), l’industria (acciaierie in particolare) con il 23,7%, servizi alle persone (quasi il 50% degli immigrati registrati lavorano in tale settore) e infine l’agricoltura.
Il tasso di disoccupazione in Italia, negli ultimi anni, è aumentato ma, per gli immigrati presenti nel nostro paese, il lavoro non manca, specie se in nero. Gli stranieri irregolari (422.000, dati Ismu), quelli senza un permesso di soggiorno, lavorano di più e guadagnano di meno rispetto a chi ha i documenti in regola.

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