sabato 12 aprile 2014

I viaggi della speranza (di Maria Teresa Fustaneo)



Lampedusa è la prima tappa di un viaggio diverso da tutti gli altri, di un viaggio in cui vita e la morte, approdo e naufragio sono indissolubilmente legati. Isola nel cuore del Mediterraneo, più vicina alla coste africane che a quelle italiane, è nota alle cronache mondiali, non soltanto per la bellezza delle acque cristalline del suo mare, ma per un infinito flusso di esseri umani, nei cui occhi si riflettono le cupi tinte di un passato doloroso e i colori sfolgoranti della fiducia in un futuro migliore.
Eritrea, Somalia, Siria, Iraq, perfino il lontano Afganistan,  sono le tappe lontane,  pronunciate quasi con vergogna, dalle labbra di chi è già segnato dalle rughe della nostalgia. Italia, Europa, mete vagheggiate per incominciare  un nuovo cammino di vita  in  cui il dolore sia soltanto un ricordo sbiadito  ma indelebile di un passato lontano.
Vengono chiamati “viaggi della speranza”, perchè la speranza è il prezioso stato d’animo che fa vincere le paure ataviche e mai sconfitte del tutto, come quelle della morte. La speranza è il motore invisibile, ma costantemente alimentato, che non tradisce, come quello malconcio di barche che, cariche di esseri umani e di attese, si trasformano in sepolcri, in tombe di uomini i quali spesso non hanno un nome. E il mare diventa l’ennesimo altare sacrificale di uomini, donne e bambini che, in cerca di un futuro legittimo, naufragano con tutto il loro carico di sogni.
Non è il naufragio di singole barche, non è la morte di singoli uomini, ma è il naufragio di un’ intera umanità, la morte di valori supremi quali la solidarietà, il rispetto, l’ amore incondizionato per ogni essere umano, anche quando il colore della pelle è diverso, la religione è differente, la lingua incomprensibile, il modo di vestire “ altro” rispetto al nostro.
Se la morte non visita questi uomini nel corso del loro viaggio in mare, essi sono ospitati in strutture dello Stato, nei CIE, in attesa di ricevere uno “status” che permetta loro di soggiornare all’ interno dei confini nazionali ed europei.
Dopo aver sperimentato la solidarietà e l’amorevole accoglienza degli abitanti dell’ isola di  Lampedusa, “Porta dell’ Europa”, i nostri fratelli di umanità, lontani geograficamente e culturalmente, divengono improvvisamente  vicini. E’ una presenza  non imposta, ma comunque urlata da volti tristi ed espressioni silenti, di chi ormai spera di essersi lasciato alle spalle un mondo fatto di dolore ed ingiustizia .
Il mercato del lavoro, con le sue leggi spietate, accoglierà questi uomini e donne in cerca di un futuro, imponendo  prezzi troppo alti da pagare.


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